Le donne nella scienza. Per fare la differenza

Quante sono le donne nella scienza?

A scuola, la performance delle ragazze e delle donne in ambito accademico è spesso uguale o superiore a quello dei maschi, anche nell'ambito delle cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Più avanti nel percorso di studi, le donne si iscrivono all'università molto più spesso degli uomini: nel mondo, ogni 100 universitari uomini sono circa 112 le donne che frequentano l'università. E in molti paesi del mondo le donne rappresentino la maggioranza dei laureati (globalmente, il 57%). Tuttavia, scelgono percorsi universitari in ambito STEM molto meno spesso dei maschi: solo il 7% delle donne sceglie ingegneria, contro il 22% degli uomini, e in ambito informatico il 28% sono donne mentre il 72% sono uomini.

In alcuni paesi (molti in Medio Oriente e in Europa dell'Est), la percentuale di donne ricercatrici nelle STEM è superiore a quella degli uomini. Ma la differenza è al contrario nella maggior parte dei casi: soltanto in 1 paese su 5 le ricercatrici in ambito scientifico-tecnologico sono circa la metà del totale. Le donne sono il 41% dei laureati STEM in Algeria, il 34% in Svezia, il 28% in Germania, il 19% negli Stati Uniti d'America. La percentuale scende quanto più sale l'equità tra i sessi nel paese, misurata tramite il Gender Gap Index (GGI, un indicatore che tiene conto di fattori come la disparità retributiva, la rappresentatività nei governi e le differenze tra le condizioni di salute dei due sessi). Questo fenomeno si chiama "gender equality paradox".

Perché ci sono poche donne nella scienza?

La disparità di genere nelle STEM ha radici complesse, ancora in fase di indagine. A oggi, gli studi che indagano il fenomeno delle donne nelle STEM studiano principalmente tre aspetti:
  1. Ciò che spinge le donne a iscriversi meno ai percorsi di studio in ambito scientifico-tecnologico, trovando i pregiudizi di genere come causa principale. 
  2. La percezione pubblica di genere, scienze e tecnologie: hanno osservato che chi partecipa alle iniziative scientifiche, anche di citizen science, sono per la maggior parte uomini bianchi, di ceto medio-alto e con un alto grado di istruzione.
  3. Ciò che limita l'avanzamento di carriera delle donne nelle STEM, in termini di aspetti organizzativi e di selezione. 

Donne, iscrizione alle STEM e pregiudizi culturali

Alcuni di noi hanno bias espliciti, quindi hanno consapevolezza di ritenere i maschi più capaci in ambito scientifico rispetto alle femmine. Ma esistono anche i bias impliciti, quelli di cui siamo inconsapevoli. Questi si possono studiare con l’implicit-association test (IAT), inventato nel 1998 da Anthony Greenwald, Debbie McGhee e Jordan Schwartz. Si tratta di un test che valuta le nostre associazioni subconsce tra diversi elementi. Secondo questo test (contestato da alcuni nella sua validità, ma comunque molto usato), quanto più si è veloci a collegare due termini, tanto più è forte l'associazione che facciamo, nella nostra mente, tra quei concetti. Online è possibile provare il test del Project Implicit, sviluppato dall'Università di Harvard. 

Dal Project Implicit risulta che il 69% delle donne e il 72% degli uomini mostra un'associazione tra donne e arte e tra uomini e scienza piuttosto che viceversa. Nei campi dove la prevalenza di uomini è maggiore, come matematica o informatica, le donne risultano avere un bias meno forte di quelle in campi dove la differenza è minore (come i campi umanistici), ma comunque non nullo. L'associazione è invertita nell'altro sesso: più un campo è "dominato" da maschi, più sembra essere forte il bias degli uomini in esso presenti. Lo stesso vale per gli stati: più è forte l'associazione implicita donne-arte e uomo-scienza in una nazione, più risulta basso il numero di donne nelle STEM in quel paese. La percentuale media di chi mostra questo bias è in diminuzione, ma ancora nessuno stato mostra la tendenza inversa.

bias culturali coinvolgono la famiglia, il sistema educativo, gli ambienti lavorativi e la società in generale. Ma come sappiamo che questi bias influiscono sulla disparità di genere nelle STEM? Per tre motivi:
  • togliendo la disparità imputabile agli altri fattori, resta comunque una disparità;
  • la correlazione è tanto più forte quanto più grandi sono questi bias;
  • attraverso prove sperimentali. Ad esempio, in uno studio del 2012, a un gruppo di responsabili di laboratorio è stato chiesto di assumere dei candidati. I curricula di questi erano identici, eccezion fatta per il loro genere. I responsabili di laboratorio, che fossero di sesso maschile o femminile, hanno mostrato una tendenza a preferire i candidati maschi, offrendo loro uno stipendio più alto del 12% e maggiori possibilità di mentoring
In modo esplicito o implicito, quindi, esiste un pregiudizio sociale sulle donne. Diversi studi effettuati intorno al 2010 hanno dimostrato che i maschi sono più incoraggiati a preferire attività competitive, mentre le bambine sono spinte verso attività di comunità e aiuto. L'ambiente tecnico-scientifico, sia implicitamente che in modo dichiarato, è percepito come fortemente competitivo e isolato. Secondo la "goal congruity hypothesis", le ragazze tendono a evitarlo in quanto lo percepiscono come fuori dalle loro prospettive, incongruente con i propri valori. Infatti, laddove le carriere nelle STEM sono descritte come utili alla comunità e sono ridotti gli accenti sulla competitività, più donne scelgono di entrare in questi campi.

E sembra molto forte anche l'influenza della famiglia. In uno studio del 2003 è stato osservato che alcuni genitori, a parità di abilità scientifico-matematiche dei figli maschi e femmine, credono che queste ultime avrebbero più difficoltà dei fratelli. Da un esame della comunicazione genitori-figli è emerso anche che il linguaggio usato con le figlie era più semplice di quello utilizzato con i maschi. Fattori che risultavano correlati con la percezione delle bambine della propria abilità nei campi scientifici e il loro interesse in queste materie.

Donne e lavoro nelle STEM

Per quanto riguarda l’ambito prettamente lavorativo, le donne tendono ad abbandonare la carriera molto più spesso dei propri colleghi maschi. I motivi riguardano la competitività (attriti), i disincentivi dati dai contratti a breve termine, la volontà di espandere le proprie competenze, ma le scienziate dichiarano come causa anche l'ambiente maschilista. Un'impressione rafforzata dalla disequilibrata suddivisione dei ruoli (ad esempio, le scienziate vengono spinte a sorvegliare i sottoposti più spesso dei colleghi) e dall'invisibilità delle donne di successo nelle STEM. Infatti, la proporzione tra ricercatrici e donne che raggiungono successi (come i premi scientifici) non è ancora pari; d'altra parte, le ricerche degli studiosi uomini vengono citate fino al 36% in più. Questo si deve anche al fatto che le donne, in media, hanno carriere più brevi di circa 2 anni rispetto ai colleghi, per cui la loro produttività è minore (pubblicano, in media, 3 articoli scientifici in meno rispetto ai ricercatori maschi). E la carenza di modelli scoraggia l'intraprendere la carriera, alimentando la disparità.

Un altro fattore dichiarato è la genitorialità: le donne, spesso, dichiarano maggior difficoltà degli scienziati padri a conciliare lavoro e famiglia. Gli orari intensi e la poca considerazione di possibili interruzioni temporanee di carriera spingono le donne ad abbandonare più facilmente certi ruoli. In parte, questo può essere spiegato anche con un diverso stipendio: a parità di ore di lavoro, le donne con figli vengono pagate il 7% in meno delle colleghe senza figli e il 9% dei ricercatori padri. Gli scienziati maschi con figli, infatti, sono remunerati il 4% in più rispetto ai colleghi senza figli: dagli studi, questa differenza risulta essere imputabile alla percezione dei padri come competenti e calorosi, mentre nelle donne la maternità è dichiarata come un elemento che sottrae competenze.

In Italia, la situazione di disparità è inasprita dalla carenza di servizi a supporto della genitorialità e dall’inadeguatezza della disponibilità di permessi, part-time, ferie, retribuzione del dottorato. Nel nostro paese, le donne dedicano ancora più del doppio del tempo dei partner maschi alla cura della famiglia.

D'altra parte, le scienziate stesse risultano preferire mansioni differenti, part-time, per riuscire a conciliare famiglia e lavoro, alimentando ulteriormente le differenze di salario. Ne vediamo un esempio negli USA, dove le donne nelle STEM, in assoluto, guadagnano il 79% in meno rispetto agli uomini.

Ma perché è importante che ci siano più scienziate?

Ma perché è importante che ci siano più biologhe, ingegnere, matematiche, chimiche eccetera? Perché la divergenza di prospettive e di esperienze arricchisce. La diversità di esperienze è portatrice di innovazione, in quanto i punti di vista danno più colore. Ad esempio, quando furono inventate le cinture di sicurezza, non si tenne conto di come si sarebbero potute conciliare con il ventre delle donne in gravidanza. Una scienziata avrebbe potuto fornire una soluzione.



Fonti e approfondimenti

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