"Una stanza piena di gente", Daniel Keyes

"Una stanza piena di gente" parla della vera storia di Billy Milligan, persona con un disturbo dissociativo dell'identità che fu arrestata e processata per rapina e stupro negli anni Ottanta. Peraltro, una storia difficile da ricostruire, ma che Daniel Keyes (scrittore con laurea in psicologia) ha ricomposto grazie alla deposizioni, cartelle cliniche, articoli e interviste a decine di persone.

Desideravo leggerlo da tempo, perché non capivo appieno il disturbo dissociativo di identità (noto come "disturbo delle personalità multiple"). Poi ho indagato più a fondo, ed è diventato un viaggio illuminante e doloroso

I disturbi dissociativi di identità si verificano quando una persona, da bambina, subisce grandi traumi. Questi, come asce, incidono sulla formazione della psiche, al punto che il bambino non riesce a formare correttamente la sua identità, che si spacca. Più traumi possono equivalere a più spaccature. E, purtroppo, una stessa vita può vedere suicidi, omicidi, stupri e altre violenze inimmaginabili prima del compimento dei suoi 10 anni. 

Ogni pezzo di persona si crea una propria identità - con nome, età, aspetto fisico e carattere peculiare - e vivrà in modo indipendente dalle altre, prendendo il controllo della coscienza ogni tanto in modo esclusivo. Come persone che si avvicendano al timone di una stessa nave senza conoscersi, ognuna potrà andare in una direzione diversa senza sapere cosa abbiano fatto le altre. In pratica, la persona centrale (quella che dovrebbe essere l'io) avrà vuoti di memoria, trovandosi in posti e a svolgere attività senza saperne la ragione. Panico, ansia, stress. Paura di essere pazzo. Depressione. Autolesionismo e suicidio alcune delle possibili conseguenze.

Incredibilmente, questo disturbo è curabile. Le diverse identità possono essere fatte conoscere e fuse insieme, a formare la persona. Per farlo serve tantissima terapia e tanta comprensione nei confronti di ognuna delle diverse personalità. Ma, nel giusto ambiente, è possibile.

"Una stanza piena di gente" è un libro molto triste. Per le violenze e le ingiustizie continue, con sprazzi di luce subito soffocati. Il tipo di storia che ti fa riflettere sul significato della vita, sulla banalità del male, su quanto siano diverse e complicate le storie di tutti gli esseri sulla Terra. Ti fa calare nei panni di una persona infelice, con una prospettiva che fatichi a toglierti di dosso per continuare a vivere tranquillamente.

È un libro difficile. Perché ci sono molte cose complesse da comprendere, non solo dal punto di vista psichiatrico - può davvero avere 24 personalità?? Com'è possibile? Ma è un criminale, non è che ci sta fregando? - ma soprattutto da quello umano. In questa vita raccontata, compaiono decine di personaggi: molti neutri, molti grigi, moltissimi profondamente buoni, altri ancora incredibilmente crudeli. Sia palesemente, sia più sottilmente.

Mi spiego, con un breve spoiler. Billy Milligan venne scagionato dalle accuse di stupro per infermità mentale. Infatti, solo una delle sue personalità ne era responsabile: le altre non ne avevano controllo, né coscienza. Ma, ovviamente, dovette andare in una clinica per essere curato. Questo prevedeva terapia e la progressiva concessione di permessi per uscire, per vedere i parenti o fare acquisti - ad esempio, colori e pennelli, con cui Billy (e altre sue identità) amava passare il suo tempo. Ma i residenti avevano paura: volevano che Billy restasse rinchiuso, avrebbero preferito che stesse in un carcere di sicurezza. Così, forte anche della volontà dei politici che desideravano voti, iniziò una campagna mediatica contro i suoi permessi: quasi giornalmente, uscivano articoli che accusavano di negligenza e incapacità il personale dell'ospedale, che sottolineavano la gravità dei crimini per cui era stato scagionato, che mettevano in discussione quanto deciso dal giudice. Un potere di stampa che, ovviamente, finì per avere un effetto sui provvedimenti presi contro Billy.

In tutti noi, in genere le reazioni ai crimini sono molto dure: evolutivamente, ha molto senso, perché siamo animali sociali, e senza regole una società non può esistere. La nostra tendenza a essere intransigenti con chi va contro le regole è una forma di igiene sociale, un controllo "automatico", al di fuori dei sistemi che abbiamo organizzato affinché fossero formati e specializzati per questo. Be', ho l'impressione che a volte sia più che un sano disgusto: piuttosto, sembra sfociare nello sfogo, persino nella sociopatia, con un'incuranza per le conseguenze di una punizione, con tutti i mezzi usati per ottenerla. (Che inclusero anche minacce e altre modalità di "persuasione" illegali e immorali.)

In sostanza, credo che sia un libro da leggere, perché fa capire molto su come funziona il nostro sviluppo, su cosa può significare un'infanzia traumatica, su com'è complessa la nostra mente, oltre che su discorsi sociali e morali a cui accennavo. Ma duro da sopportare.



 





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